Espressione Facciale e Comunicazione Inter-Specie
L’AnimalFACS tra Cavalli, Scimpanzé, Cani, Gatti e Uomo
Francesco Galvano
Immagina di poter decifrare con precisione scientifica cosa prova un cavallo osservando come risponde ad un fantino durante una competizione, cosa pensa uno scimpanzé durante un conflitto con altri simili, se il tuo cane è veramente felice di vederti o se il tuo gatto sta nascondendo un disagio. Questo è il potere rivoluzionario dell’AnimalFACS, un sistema nato dall’adattamento del celebre Facial Action Coding System (FACS) umano. Originariamente sviluppato per mappare oggettivamente le espressioni facciali delle emozioni umane attraverso i movimenti muscolari di base, chiamati Action Units (AUs), il FACS ha trovato una nuova vita nel regno animale. Il principio è geniale nella sua semplicità: invece di interpretare soggettivamente un’espressione come "triste" o "spaventata", si catalogano i movimenti muscolari osservabili – l’innalzamento di un sopracciglio, la contrazione di un labbro, la rotazione di un orecchio – in modo rigoroso e ripetibile. Questo approccio oggettivo ha spalancato le porte a una lettura comparativa senza precedenti del comportamento espressivo, rivoluzionando non solo l’etologia e la medicina veterinaria, ma anche campi insospettabili come la neuroscienza, la psicologia comparata e persino la criminologia, dove comprendere la paura o l’aggressività in testimoni o sospetti animali può essere cruciale. L’AnimalFACS ci ricorda che il volto è un libro aperto scritto dall’evoluzione, e ora abbiamo finalmente la chiave per leggerlo attraverso le specie.
Cavalli (EquiFACS)
la sottigliezza espressiva di una preda evoluta
Prendiamo il mondo dei cavalli, creature maestose la cui sopravvivenza come prede ha forgiato un linguaggio facciale di sorprendente raffinatezza. L’EquiFACS ha svelato un repertorio di 17 Action Units distinte, un vocabolario silenzioso per comunicare stati interni rapidamente e a distanza, essenziale nella prateria. Osservate un cavallo che solleva la parte interna del sopracciglio (AU101 - Inner Brow Raiser): è un movimento quasi identico a quello umano di preoccupazione o dolore, un segnale che potrebbe indicare disagio o un’attenta valutazione dell’ambiente. Quando dilata le narici (AD38 - Nostril Dilator), tradisce un aumento della respirazione, spesso legato a eccitazione, paura o sforzo. L’apertura marcata della palpebra superiore (AU145 - Upper Lid Raiser) è invece un chiaro indicatore di allerta, uno sguardo che fissa potenziali minacce. Questa sofisticata mimica non è un monologo; studi come quello di Smith et al. (2016) dimostrano che i cavalli non solo esprimono, ma riconoscono e reagiscono coerentemente alle espressioni facciali umane. L’applicazione più tangibile è forse l’Horse Grimace Scale, uno strumento clinico basato sull’EquiFACS che permette ai veterinari di identificare oggettivamente il dolore nei cavalli, migliorandone radicalmente il benessere. Sebbene condivida molte AUs funzionalmente simili con noi (come l’AU101), l’evoluzione ha plasmato differenze profonde: il repertorio equino è meno focalizzato sulla complessa comunicazione sociale simbolica umana (frutto del nostro raffinato controllo del nervo facciale) e più su una comunicazione viscerale, immediata e legata alla sopravvivenza – un’eco del loro status di preda, dove la rapidità di lettura è vitale, mentre la nostra ridotta mobilità auricolare è compensata da un’arte mimica sociale complessa.
Scimpanzé (ChimpFACS)
Il volto dell’evoluzione condivisa
Spostandoci verso i nostri parenti genetici più prossimi, gli scimpanzé (con cui condividiamo circa il 96-98% del DNA), il ChimpFACS (Parr et al., 2007) rivela un volto straordinariamente familiare, dotato di una muscolatura quasi identica alla nostra, ma che parla una lingua emotiva con sfumature a volte sorprendentemente diverse. Mappa 13 AUs principali, movimenti che ci sembrano intuitivi ma il cui significato può divergere. Quando uno scimpanzé solleva il labbro superiore (AU10 - Upper Lip Raiser), può esprimere disprezzo o disagio, simile a un nostro sussulto di repulsione. Ma è il famoso "sorriso" a rivelare la complessità: il movimento che negli umani indica inequivocabilmente gioia (AU12 - Lip Corner Puller), negli scimpanzé diventa il "bared-teeth display", un segnale ambivalente che può esprimere sottomissione, paura o un tentativo di placare un individuo dominante, molto più raramente piacere genuino. L’apertura della bocca (AU25 - Lips Part) è spesso associata a vocalizzazioni minacciose o a gesti di intimidazione. Qui, il contesto sociale e la gerarchia del gruppo sono tutto per interpretare correttamente l’espressione. La differenza fondamentale con l’uomo risiede non tanto nel numero assoluto di muscoli, quanto nella maggiore plasticità emotiva e nel controllo fine che abbiamo sviluppato. Il nostro linguaggio simbolico ha sovrapposto un secondo livello di significato alle espressioni facciali: possono essere sia reazioni emotive spontanee che segnali convenzionali e volontari (pensate a un sorriso di circostanza). Negli scimpanzé, invece, le AUs rimangono prevalentemente legate a stati emozionali immediati e al contesto sociale diretto, un ponte evolutivo verso la nostra complessità, ma ancora ancorato a una comunicazione più istintiva.
DogFACS vs CatFACS
Lo "sguardo da cucciolo" e il codice cifrato felino.
L’avventura dell’AnimalFACS ci conduce poi nel regno della coevoluzione più intima, quella tra uomo e cane. Millenni di selezione basata sulla capacità di capirci e interagire con noi hanno forgiato nei cani un’abilità comunicativa facciale straordinaria, unica tra i mammiferi non primati. Il DogFACS cataloga ben 19 AUs. Tra queste, spicca l’AU101 (Inner Brow Raiser), responsabile dello struggente "sguardo da cucciolo". Questo movimento, studiato da Kaminski et al. (2019), attiva potentemente le nostre risposte empatiche, suggerendo un adattamento evolutivo per manipolare (in senso buono!) l’attenzione e l’affetto umano. È una prova anatomica tangibile di questa coevoluzione: ricerche come quelle di Burrows et al. (2019) hanno dimostrato che i cani possiedono muscoli facciali assenti nei loro progenitori lupi (Canis lupus), come il levator anguli oculi medialis, proprio quello che permette il sollevamento interno delle sopracciglia. Altri movimenti rivelatori sono il battito di palpebre (AU110 - Blink) e la rotazione delle orecchie (AU145 - Ear Rotator), indici di relax o allerta rispettivamente, e lo stiramento della bocca (AU27 - Mouth Stretch), spesso segnale di stress o un gesto di pacificazione (il famoso "sbadiglio sociale"). I cani sono maestri nel leggere le nostre emozioni e nel rispondere con espressioni appropriate, ma il loro repertorio manca della componente simbolica volontaria tipicamente umana. Le loro AUs sono più direttamente legate a stati fisiologici spontanei; mentre noi possiamo fingere un sorriso, il loro "sorriso" è più autenticamente legato all’eccitazione del momento. I gatti, invece, rappresentano un altro affascinante capitolo del CatFACS. Meno addomesticati e più indipendenti, hanno sviluppato una mimica più sottile e contenuta, ma non meno sofisticata, con un sistema che identifica addirittura 26 AUs. Movimenti come il sollevamento interno del sopracciglio (AU101 – presente ma meno marcato che nel cane), il sollevamento delle guance (AU6 - Cheek Raiser – associato a tensione), il sollevamento del mento (AU17 - Chin Raiser – usato in contesti agonistici) o il rapido scatto delle orecchie (AD126 - Ear Flick – segno di irritazione o attenzione selettiva) compongono un linguaggio criptico per l’occhio umano non allenato. I gatti preferiscono spesso segnali posturali o vocali all’espressività facciale plateale, ma studi dimostrano che sanno leggere il nostro volto, reagendo diversamente a un sorriso o a un cipiglio. La loro anatomia facciale è più rigida; i muscoli mimici hanno un ruolo meno centrale nella comunicazione sociale rispetto ai cani o a noi. Mentre l’uomo ha sfruttato il volto come un palcoscenico per emozioni e simboli complessi, il gatto mantiene una mimica essenzialmente funzionale, un retaggio della sua evoluzione come predatore solitario, dove l’efficacia silenziosa prevale sull’espressività teatrale.
Conclusioni
L’AnimalFACS ci offre una lente potentissima per osservare come le pressioni evolutive abbiano modellato il volto animale in percorsi convergenti ma con funzioni spesso divergenti. L’uomo ha perfezionato il suo volto come uno strumento polifonico per comunicare intenzioni complesse, emozioni stratificate e significati simbolici, frutto della vita sociale intricata e del linguaggio. Cavalli e gatti, seppur in modi diversi (preda vs predatore solitario), mantengono un linguaggio facciale più diretto e fisiologico, legato alla sopravvivenza immediata e alla comunicazione di base di stati interni come paura, allerta o dolore. Gli scimpanzé si pongono come un affascinante punto intermedio, con un’anatomia quasi identica alla nostra ma una semantica espressiva ancora più legata al contesto gerarchico immediato e meno alla simbolizzazione volontaria. I cani, infine, sono il prodotto vivente della coevoluzione più riuscita, avendo sviluppato una plasticità comunicativa straordinaria proprio per dialogare con noi, al punto da evolvere muscoli nuovi capaci di suscitare la nostra empatia. L’impatto dell’AnimalFACS va ben oltre la curiosità scientifica. È uno strumento fondamentale in veterinaria per diagnosticare dolore e sofferenza in modo oggettivo (come con la Horse Grimage Scale), migliorando il benessere animale. In etologia, permette di decodificare le interazioni sociali complesse all’interno di branchi o gruppi. Le sue applicazioni si estendono alla ricerca neuroscientifica (studiando le basi neurali delle emozioni), alla psicologia comparata (capendo l’origine evolutiva delle nostre espressioni) e persino alla robotica affettiva, dove progettare robot in grado di esprimere e riconoscere emozioni in modo credibile richiede una comprensione profonda dei meccanismi base dell’espressività facciale. L’AnimalFACS ci insegna che, sotto la pelle e il pelo, il movimento dei muscoli del volto racconta una storia antica, scritta dalla selezione naturale e dalla storia unica di ogni specie. È un linguaggio universale delle emozioni fondamentali, che ora possiamo finalmente iniziare a tradurre, avvicinandoci un po’ di più alla comprensione della ricca vita interiore delle creature con cui condividiamo il pianeta.
Riferimenti bibliografici principali
Ekman, P., & Friesen, W. V. (1978). Facial Action Coding System (FACS). Consulting Psychologists Press.
Wathan, J., Proops, L., Grounds, K., & McComb, K. (2016). Horses discriminate between human facial expressions of emotion. Biology Letters, 12(2).
Parr, L. A., Waller, B. M., Burrows, A. M., Gothard, K. M., & Vick, S. J. (2010). MaqFACS: A muscle-based facial movement coding system for the rhesus macaque. American Journal of Physical Anthropology, 143(4), 625-630.
Kaminski, J., Waller, B. M., Diogo, R., Hartstone-Rose, A., & Burrows, A. M. (2019). Evolution of facial muscle anatomy in dogs. Proceedings of the National Academy of Sciences, 116(29), 14677–14681.
Finka, L. R., & Farnworth, M. J. (2021). A facial motor action coding system for domestic cats: CatFACS. Animals, 11(2), 343.
Burrows, A. M., Waller, B. M., & Diogo, R. (2019). Evolution of the Muscle of Facial Expression in Dogs. Oxford University Press.
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