La comunicazione umana:

un approccio completo

Francesco Galvano

selective focus photography of woman wearing black cold-shoulder shirt using megaphone during daytime
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La comunicazione è un sistema vitale per l’esistenza e lo sviluppo della specie umana. La comunicazione non si ferma alle parole; essa è invece costituita da una complessa rete di segnali che riguardano i codici verbali, quelli paraverbali e quelli non verbali. Ognuna di queste forme di comunicazione contribuisce a costruire il cosiddetto significato percepito dal ricevente, e ad arricchire, ad incuneare e spesso a confondere il messaggio in maniera inaspettata.

La comunicazione verbale: l’architettura del senso

La comunicazione simbolico-verbale è la forma più ovvia e socialmente normata. Le parole, assemblate seguendo le regole della sintassi e della grammatica, veicolano significati concettuali e fatti. La potenza del linguaggio verbale sta nella capacità di astrarre, classificare e disegnare il mondo anche tutto in tinte di grigio, e di per questo essere uno strumento imprescindibile per insegnare, ragionare, disputare e soppesare. Ma le parole si portano sempre dietro un badge: esse non sono lì a caso, esse infatti pendono dai contesti (ricorda Anolli, 2002) in cui sono state pronunciate. Cioè il senso delle parole non è stabilito già a priori, ma si negozia in modo più o meno dichiarato, decisamente in maniera formale o informale, fra chi le pronuncia e chi le ascolta, influenzati dal contesto culturale, dalle proprie esperienze e delle proprie relazioni.

La dimensione paraverbale: la melodia della voce

Accanto alle parole, il modo in cui esse vengono pronunciate incide profondamente sull'effetto comunicativo. Tono, volume, ritmo, pause e inflessioni sono gli elementi paraverbali che danno forma emotiva e volitiva al messaggio. Un’affermazione può infatti trasmettere rassicurazione, ostilità o sarcasmo a seconda di come viene vocalizzata. Scherer (1986), nei suoi studi sulle emozioni vocali, ha evidenziato come le caratteristiche prosodiche della voce possono essere più efficaci delle parole stesse nel comunicare stati affettivi. Un tono acuto e spezzato, ad esempio, può tradire ansia, mentre una voce calma e profonda può suggerire sicurezza e leadership.

La comunicazione non verbale: il linguaggio del corpo

Il linguaggio non verbale rappresenta forse l’aspetto più antico e istintivo della comunicazione umana. Comprende tutti quei segnali corporei che accompagnano – o talvolta sostituiscono – le parole. Espressioni facciali, gestualità, postura, distanza interpersonale, sguardo, contatto fisico e uso del tempo sono solo alcune delle modalità attraverso cui si trasmettono messaggi in modo implicito, ma non per questo meno incisivo. Secondo la celebre classificazione di Ekman e Friesen (1969), la comunicazione non verbale può svolgere diverse funzioni: rafforzare il significato delle parole, contraddirlo, sostituirlo del tutto, regolare i turni conversazionali oppure esprimere emozioni in modo diretto e immediato. Ad esempio, un sorriso può accompagnare una parola gentile e renderla più calorosa, oppure può entrare in contraddizione con un contenuto ostile, svelando una dissonanza comunicativa. L’interpretazione del linguaggio del corpo è culturalmente mediata ma, in parte, anche biologicamente determinata. Ekman (2003) ha individuato espressioni facciali universali per emozioni primarie come la rabbia, la paura, la gioia e il disgusto, sostenendo l’ipotesi di un’origine evolutiva dei segnali affettivi.

La sinergia tra codici comunicativi

È raro che nella vita quotidiana si comunichi usando un solo codice. Al contrario la maggior parte delle interazioni si caratterizza per la sovrapposizione dinamica di elementi verbali, paraverbali e non verbali. La congruenza tra questi codici rafforza il messaggio, ne facilita la comprensione e promuove la fiducia tra gli interlocutori. Al contrario, una discrepanza – ad esempio tra ciò che si dice e ciò che il corpo trasmette – può generare confusione, sospetto o rifiuto. In questo senso, va citato il celebre studio di Mehrabian (1971), secondo cui nella comunicazione di emozioni il 93% del significato percepito deriva da elementi non verabili (il 55% dal linguaggio del corpo e il 38% dagli aspetti vocali), mentre solo il 7% dipende dalle parole. Sebbene tali dati siano stati spesso abusati e decontestualizzati, essi suggeriscono quanto le componenti extra-verabili siano cruciali nella dimensione emotiva della comunicazione.

Implicazioni Applicative

Comprendere e padroneggiare le diverse dimensioni della comunicazione è fondamentale in numerosi ambiti. Nelle relazioni interpersonali, consente di costruire legami empatici e autentici. In ambito educativo, permette di migliorare l’efficacia didattica, stimolando l’attenzione e la partecipazione degli studenti. Nel contesto aziendale, diventa uno strumento strategico per la leadership, la negoziazione e la gestione dei conflitti. Infine, in settori come la psicologia clinica, la criminologia o l’interrogatorio giudiziario, la lettura dei segnali non verbali può fornire informazioni preziose sullo stato emotivo, sull’autenticità delle dichiarazioni e sulle dinamiche relazionali sottese.

Conclusioni

La comunicazione non consiste solo nel dire, ma, facendolo, sviluppa una rete complessa di segnali dati con il corpo, la voce e il linguaggio. Fai della qualità di questi tre segnali che dipende la nostra piena competenza comunicativa, la capacità di arrivare fino in fondo alle parole e scorgere ciò che c’è esprime nel profondo il messaggio. Nel mondo in cui viviamo, la comprensione e l’uso corretto della comunicazione non verbale e paraverbale contribuisce non solamente alla costruzione di buone relazioni e alla realizzazione di una buona carriera, ma è parte integrante della nostra intelligenza emotiva e sociale.

Riferimenti

  • Anolli, L. (2002). Psicologia della comunicazione. Il Mulino.

    Ekman, P. (2003). Emotions revealed: Recognizing faces and feelings to improve communication and emotional life. Times Books.

    Ekman, P., & Friesen, W. V. (1969). Nonverbal leakage and clues to deception. Psychiatry, 32(1), 88–106.

    Mehrabian, A. (1971). Silent messages. Wadsworth.

    Ricci Bitti, P. E., & Zani, B. (1983). Comunicazione e comportamento non verbale. Giunti.

    Scherer, K. R. (1986). Vocal affect expression: A review and a model for future research. Psychological Bulletin, 99(2), 143–165.